L’INTERVISTA – Luigi Turinese: “Tutto è immagine, anche quella che definiamo realtà”

Il 21 gennaio 2023 l'artista presenterà al Teatro Garbatella, in via Giovanni da Triora 15 a Roma, il suo secondo lavoro discografico "Passaggi. Il Volo di Mangialardi”

Luigi Turinese è un uomo pieno di risorse: medico, psicologo analista, scrittore e grande appassionato di musica. Il 21 gennaio sarà al Teatro Garbatella, in via Giovanni da Triora 15 a Roma, per presentare il suo secondo lavoro discografico intitolato “Passaggi. Il Volo di Mangialardi”, una raccolta di 12 canzoni, che si ispirano al suo vissuto interiore e agli inevitabili stati di passaggio emotivi che segnano tappe cruciali a cui la vita ci sottopone, schiudendo nuove possibili vie da vivere ed esplorare.

Luigi, come sta? È pronto per il concerto del 21 Gennaio?

Sto abbastanza bene, mi sembra… Per il concerto del 21 sono un po’ pronto, un po’ non ancora, come è giusto che sia: le prove infatti procedono bene e al tempo stesso c’è sempre il desiderio di perfezionare qualcosa qua e là. Si migliora così.

I testi del nuovo album mettono in luce la sua curiosità artistica, ma anche la sua attenzione ai rapporti umani che si intrecciano nella nostra vita. Quanto c’è del suo vissuto in queste canzoni?

Nelle mie canzoni c’è moltissimo di me: non tanto e non solo nei fatti raccontati quanto nel modo di osservare la vita, che per me è soprattutto una rete di relazioni. D’altra parte la mia è una natura polifonica: le esperienze di medico, psicoanalista, scrittore e cantautore si fecondano tra loro.

Chi è Mangialardi, protagonista del sottotitolo dell’album? È un personaggio vero o immaginario?

Mangialardi “è un esploratore di altre identità/è un navigatore senza armi e senza età”, come canto nella canzone intitolata Arcobaleno a Tehuacàn. “Puoi incontrarlo dove il fiume/scorre indietro verso la sorgente/nelle notti senza luna/può apparirti improvvisamente”. È il simbolo della ricerca inesausta, un Odisseo contemporaneo, un Kerouac dei nostri giorni. Al contempo, come suggerisce il nome certamente non eroico, possiede i tratti picareschi di un wanderer malgré lui, guidato nel suo vagabondare dalla stella polare della libertà. È un personaggio vero o immaginario? Tutto è immagine, anche quella che pomposamente definiamo realtà…

Locandina concerto Turinese

Ballata di un uomo solo è un blues che racconta un momento depressivo, la frammentazione psichica vissuta dal protagonista che alla fine riesce a uscire dal tunnel. Come nasce questa canzone?

Come molte canzoni, questa si è in qualche modo scritta da sola. Mi è venuto un giro di blues, abbastanza semplice: sulle dodici battute è facile che emerga un testo malinconico, il moodlirico si adatta al giro musicale in modo naturale. Mi ricordo che una parte la scrissi in un locale dove si annunciava una serata anticonformista, persino trasgressiva; invece mi annoiai moltissimo e ripresi gli appunti della Ballata, che avevo con me, portandola a conclusione. Solo dopo mi accorsi che le strofe, che a volte si compongono per assonanze, a volte per immagini, lette una dopo l’altra raccontavano la caduta e la rinascita di uomo, forse dopo una rottura sentimentale, più probabilmente in seguito a una frattura psichica.

Se dovesse descrivere questo album con 3 aggettivi quali sceglierebbe?

Maturo, libero, complesso.

Cosa rappresenta per lei questo lavoro?

Rappresenta l’approdo a una dimensione professionistica. In altre parole, componendo quest’album mi sono reso conto che la musica per me non è più un hobby (parola che peraltro detesto) ma fa parte ineludibile della mia vita.

Come avviene il processo creativo, scrive prima i testi o al contrario ascolta prima la musica?

Non seguo una regola fissa. Ho raccontato come è nata Ballata di uomo solo. Per Crown Power, invece, è successa una cosa buffa. Un amico musicista mi aveva chiesto un testo un po’ ironico sulla pandemia da adattare a un blues da lui composto. Poi, credo per motivi metrici, non l’ha usato. Dopo un paio di settimane ho preso la chitarra e in un quarto d’ora ho rivestito di una musica semplice e ben ritmata quel testo che era rimasto nel cassetto.

Cosa ne pensa della musica pop? Profondità e leggerezza stridono fra loro o possono coesistere in una canzone?

Pop(ular) racconta di un genere musicale che, utilizzando suggestioni di varia provenienza (folk, rock, blues, persino classici), si traduce in un meticciato stilistico che consente una fruizione di pubblico sufficientemente ampia. Il problema è che troppo spesso ascoltiamo un pop studiato a tavolino, per soddisfare esigenze di mercato: e si avverte una certa falsità. La mia produzione è cantautorale nel senso che nasce da un’esigenza creativa, non commerciale. Il suo vestito musicale può avere sfumature pop; e questo è dovuto anche all’arrangiamento, che porta i brani fuori dal cliché chitarra e voce del cantautorato d’antan.

Sul palco ad accompagnarla ci saranno Simone Turinese alla chitarra elettrica, Francesco Cognetti al basso, Adriano Piccioni alla chitarra elettrica e alla chitarra acustica, Fabrizio Sellan alle tastiere, Piero Tozzi alla batteria, e Ines Melpa ai cori. Ci vuole dire qualcosa di più di questi musicisti…

Simone lo conosco da trentacinque anni, ovvero da quando è nato, essendo mio figlio… Ho avuto la fortuna di seguirne gli sviluppi musicali – viene dal blues – compiacendomi anche del fatto che vedevo sparire da casa mia i gloriosi LP degli anni ’70: questo per dire che si è formato sulla buona musica. Ne consegue che, come mio produttore artistico e arrangiatore, riveste con naturalezza le mie canzoni con suoni “nobili”. Non ascolterete l’insopportabile autotune, nei miei dischi… Poiché vive da quasi un decennio a Tenerife, i musicisti che ha chiamato a suonare nel disco non sono quelli che mi accompagneranno il 21 gennaio a Roma. A questi ultimi ho chiesto di riprodurre in modo sufficientemente fedele i suoni originali dell’album. Adriano Piccioni e Fabrizio Sellan (rispettivamente chitarre e tastiere) sono dotati di una tecnica impeccabile, suonano insieme da decenni e hanno entrambi la caratteristica di suonare per la musica, non per sé stessi: il che non è scontato. Francesco Cognetti (basso: suona anche in quattro brani del CD) e Piero Tozzi (batteria) sono da anni la mia sezione ritmica: mi posso fidare… Ai giovani che vogliono formare una band consiglio di iniziare dalla sezione ritmica: rappresenta le fondamenta dell’intero edificio. Ines Melpa è una cantante e una musicista di valore: definirla corista sarebbe riduttivo.

La sera del 21 gennaio la attende una grande serata. Come sta vivendo questo momento?

Sono molto emozionato, non aggiungo altro. Anzi, una cosa voglio aggiungerla: sono molto grato a chi, più musicista di me (i cantautori appartengono a una strana razza: sono un po’ poeti, un po’ musicisti; ma in senso stretto non sono né l’una né l’altra cosa), dà alle mie canzoni una veste appropriata. Sono un ragazzo fortunato.