“Ciao a tutti, qui Max, il figlio di Ian. Sono profondamente rattristato nel dirvi che mio padre è morto ieri a causa di un cancro. Era incredibilmente coraggioso e non ha mai perso la sua gentilezza o il suo senso dell’umorismo anche quando il gioco si era fatto difficile.
Mio padre era un musicista brillante e intuitivo, un’anima gentile e un padre meraviglioso. Vivrà per sempre attraverso la sua bellissima musica e l’amore dei suoi fan. Grazie a tutti”.
Così Maxwell McDonald, in un post Facebook su The Official Ian McDonald Fan Page.
In memoria di Ian, pubblico qui un estratto dal mio libro In The Court Of The Crimson King.
Ho incontrato Ian McDonald a Firenze il 22 marzo 2003 in occasione della tournée europea della 21st Century Schizoid Band, un encomiabile progetto iniziato da Jakko Jakszyk, ex chitarrista dei Level 42 e genero di Michael Giles. La band, incoraggiata da Peter Sinfield e poi sostenuta direttamente da Fripp con una telefonata a Jakko, vide riuniti per poco tempo buona parte dei musicisti della grande famiglia dei King Crimson. Peter Giles al basso, Mike Giles alla batteria, Mel Collins (con i KC dal secondo album IN THE WAKE OF POSEIDON a sostituire McDonald) ai sax, Ian McDonald ai sax, al flauto e alle tastiere e infine Jakszyk alla chitarra e alla voce. La 21stCSB proponeva gran parte del materiale dei primi quattro album dei King Crimson e alcune nuove composizioni originali molto interessanti del duo McDonald/Sinfield, ma l’instabilità propria dei KC si riversò anche sulla 21stCSB: Mike Giles, ossessionato
come in passato dalla vita in tour, lascia la band e viene sostituito da Ian Wallace, batterista dei Crimson nell’album ISLANDS. Poco dopo lo stesso Wallace sarebbe venuto a mancare e con la sua scomparsa finì anche la 21stCSB, un progetto che ancora una volta rivelava concretamente quanto quella musica fosse stata dirompente nel 1969 e
lo fosse, intatta nello spirito, nella forma e nell’intensità, nel 2003.

In quell’occasione, che riscosse un gran successo e fu ben organizzata presso l’Auditorium Flog di Firenze dal compianto Ernesto De Pascale de «Il Popolo del Blues», alla mia precisa domanda se fosse consapevole nel 1969 dell’importanza e della forza di quei King Crimson, il timido e geniale polistrumentista Ian McDonald rispose semplicemente, e con un velo di tristezza: «No, non ne eravamo consapevoli».
Aggiunse poi a De Pascale: “Non ci rendemmo conto di quanto fossimo speciali se non quando era ormai troppo tardi. Perché io abbandonai la band e vent’anni dopo dicevo «Eravamo davvero bravi, sai. Eravamo davvero forti» e non lo
avevo realizzato a quel tempo. Pensavo: «Voglio fare qualcos’altro!». Sai, bisogna credere in se stessi come gruppo. Devi credere di essere bravo. Noi non sapevamo di esserlo, perché ci fidavamo così tanto l’uno dell’altro come strumentisti e quella era la forza della band, ci fidavamo completamente l’uno dell’altro. E per questo l’improvvisazione del gruppo era così valida, eccitante e interessante. Sì, andava bene. Credo che lo sapessi, ma forse non sapevo davvero quanto fossimo forti”.

E sulla riunione per la pubblicazione del cofanetto EPITAPH:
“Per me è stato davvero un bel giorno perché è stata la prima volta che i King Crimson originali, tutti noi cinque compreso Peter, ci siamo ritrovati sotto lo stesso tetto contemporaneamente fin dai tempi in cui la band si sciolse a San Francisco. È stato davvero grande per me, davvero bello parlare a ognuno e stare insieme, dopo così tanto tempo.
Certo, non è la stessa cosa come suonare insieme. Non so se ciò potrai mai accadere… Ma credo che sia praticamente impossibile. È strano perché una volta ho ricevuto una chiamata da Robert Fripp: suggeriva che lui, io, Michael Giles e John Wetton tornassimo insieme come King Crimson. È accaduto anni fa e ho detto no. La ragione era che proprio pochi giorni prima avevo parlato con Greg Lake e gli avevo detto che non sarei mai tornato in scena come King Crimson a meno che non si fosse trattato della formazione originale. Avevo appena detto questo quando ha chiamato Robert, e a parte tutto sarebbe stata una bella band con cui suonare”.