LIBRI – Intervista a Cristina Comencini. In uscita il nuovo romanzo “L’altra donna”.

Lei e l’altra. Non più solo rivali, ma complici, donne allo specchio che si confrontano, quasi come   in un “complotto femminista”. Sussurri e grida di un rapporto intimo e complesso. Cristina Comencini, nel suo nuovo romanzo, L’altra donna, pubblicato da Einaudi, con grande sensibilità annoda e poi snoda in mille rivelazioni quel filo sottile che lega le donne che vivono un triangolo amoroso.

Storie di donne, a volte ferite, che si cercano,vogliono capire, muoversi nella realtà complessa delle emozioni, dei legami, degli odi e degli amori. E uomini che spesso preferiscono tacere, non esplorare il loro passato per vedere il presente in modo più consapevole.

Elena, giovane e appassionata, si innamora del suo ex professore di economia, senza tenere conto dei trenta anni che li dividono e del suo passato: vent’anni di vita con una moglie, Maria, e tre figli.

Tutto si complica quando moglie e amante si incontrano, rompendo luoghi comuni e scoprendo anche “l’altro uomo”, a volte così diverso da quello che ognuna di loro ama.

Ne abbiamo parlato con l’Autrice, cercando di capire anche come cambiano i rapporti tra uomini e donne, e, soprattutto, il modo di vivere l’amore.

Lei crede che donne che amano lo stesso uomo, possano scambiarsi confidenze e segreti senza ricorrere a una falsa identità, come fa Maria che, nel suo romanzo, scrive ad Elena e poi la incontra?

No, non credo. Ho usato un artificio letterario che mette in discussione l’architettura di un amore. Racconto un contatto “pericoloso” tra lei e l’altra: Maria raccoglie le confidenze di Elena con un inganno, ma alla fine si apre un confronto tra generazioni, con un grande senso di libertà. Le due donne vanno al di là della rivalità, si guardano, si toccano, immaginando un nuovo rapporto tra loro, esplorando nuove verità e scombinando le carte in tavola.

Come lei dice, ognuno di noi si porta dentro altri rapporti, altre persone. Viviamo una specie di amore liquido, in cui ci sono “memorie, condizionamenti, gioie, errori stratificati per generazioni”. Ma questo non rende troppo affollato il nostro orizzonte affettivo? Non c’è il rischio di perdere di vista la persona che amiamo?

Il rischio c’è ma l’amore non é una lavagna bianca in cui ogni volta si ricomincia daccapo. Non siamo una tabula rasa e quello che abbiamo vissuto, anche se non é più attivo nel presente, agisce nel nostro corpo e nel nostro cervello. Tenere presente la propria storia aiuta a vivere il rapporto che stiamo vivendo nel presente. Non farlo, come accade a Pietro ed Elena, può allontanare dall’altro.

Nel triangolo amoroso ci sono Pietro, Maria, il primo amore ed Elena, la giovane amante. Poi c’é Rita, amica e consigliera di tutti, dietro le quinte, ma non troppo, quasi un deus ex machina…

In Rita c’è qualcosa di ambiguo e di manipolatorio ed é diventata dura dopo aver vissuto esperienze terribili. Ma quando spinge Maria a scrivere ad Elena, lo fa perché si senta più libera, la esorta a vedere le carte dell’altra. Devo dire che ho amato tutti i personaggi di questo romanzo e sono entrata nella loro pelle, nei loro sentimenti. E Rita é imprevedibile, fa parte di una generazione libera ma spaesata e vuole cercare di vivere un’altra vita.

L’altra donna é l’occasione per mettere in scena uno scontro tra le generazioni in cui sembra che ognuno voglia vivere per essere diverso dalla propria madre e dal proprio padre.

Elena e Maria fanno parte di due generazioni che hanno vissuto per reagire a situazioni che hanno subìto. Maria, negli anni Settanta, non si riconosce in sua madre che fa la reginetta della casa, è in posizione subalterna ma é anche autoritaria. Elena si confronta con la rinuncia all’erotismo della madre. Lo scontro é inevitabile ma anche i giovani come Elena si portano appresso la ribellione della nostra generazione. Spesso viviamo in reazione a un modello, senza capire quanto ce lo portiamo dentro. E’ una bella lotta, anche se trovare i nostri desideri é possibile solo metabolizzando il nostro passato.

Gli uomini che racconta sembrano fragili e incapaci di gestire la tempesta delle emozioni e di sentimenti complessi. Ricalcano stereotipi consolidati, come Pietro che cerca di fermare il tempo cercando sempre donne più giovani.  

Negli incontri si vive una grande intensità, si arriva spesso vicini alla verità ma gli uomini non ce la fanno a reggerla e in questo é la loro fragilità. Ma Pietro a un certo punto parla, coinvolto dal terremoto dell’incontro tra le due donne e racconta il suo matrimonio  e anche il tradimento. E’ un uomo interessante anche se poi , dopo Elena, cercherà di nuovo una donna più giovane.

“Dopo Pietro non mi sono mai più veramente innamorata. Sono rimasta scottata dalla fine del nostro amore. Ho avuto qualche relazione ma di breve durata. Siamo un gruppetto di amiche tutte single e abbiamo molti amici maschi, quasi tutti omosessuali” così dice Maria. Donne consapevoli, ma, alla fine, sole?

Succede, e del resto Pietro si é raccontato ma non é cambiato. Le donne restano scottate perché gli uomini al massimo dicono chi sono, ma cambiare non é nei loro desideri e ci si allontana. Del resto non si fanno più bambini non solo per la mancanza di politiche di sostegno ma anche perché i rapporti tra uomini e donne sono più complicati. Ci sono molte donne, ma anche molti uomini soli, che vivono un distacco dall’amore.  

 Come vede la famiglia?

Per me é una cosa fondamentale, la difficoltà non è solo fondarla, ma farla durare, come accade a Pietro e Maria che sono molto legati ma a un certo punto entrano in crisi. In realtà non c’è un unico tipo di famiglia, stiamo vivendo un work in progress: le donne hanno cambiato il loro ruolo, gli uomini andranno avanti ed é cambiato il modo di stare insieme. Raccontare il proprio vissuto, ci aiuta a cambiare e ad entrare in contatto con i sentimenti e la nostra realtà interiore.

Parliamo dei figli, quelli nati da genitori che si lasciano o che vivono in rapporti logorati dal tempo e dai non detti. Francesco, figlio di Maria, si sente “una spugna imbevuta di ricordi, di parole, di sensazioni” , imprigionato da molti non detti, dai casini dei suoi genitori ma poi, nel suo romanzo, ce la fa.

Francesco, come spesso accade nei ragazzi dislessici, ha memoria di tutto. E’ nato nella crisi e incarna la crisi dei genitori. Però accade, come dice Elena, che i genitori siano un po come gli ex, non sono più attivi e diventano quindi meno importanti. E Francesco spera di ricordarsi, quando avrà una donna, che i figli sono parte dell’amore tra due persone e in qualche modo racconta e ipotizza una famiglia che sta cambiando, insieme ai nostri vissuti.