LIBRI – “Venezia siamo stati noi”, la recensione

“Questo é il racconto dell’irrompere violento e felice di gente giovane per campielli zitti e canali mormoranti. Prendono possesso e lo tengono finché vogliono (conta solo quello che vogliono) a forza di muscoli e di ebbrezza del corpo”. Così scrive Furio Colombo nella prefazione del libro Venezia siamo stati noi di Toni Jop, pubblicato da Città del Sole.

“Cronista appassionato”, “giornalista di lungo corso”, che “lavorava dodici ore all’Unità”, l’Autore racconta la sua città attraverso la “furia di vivere di un popolo giovane e sconnesso che viveva un tempo a Venezia”. Un viaggio non sempre spensierato nella vita e nel passato della Serenissima. Un flash back che attraversa giorni e notti magiche ma che é anche riflessione, immersione negli odori, negli umori di una città molto amata e della sua gente. Un salto nel passato che non è pura nostalgia, ma un ricordare “ciò che siamo stati per non cancellare noi e le nostre memorie”.

Una galleria straordinaria di personaggi famosi e non, alla ricerca dell’anima  delle notti e dei giorni di una Venezia ricca di memoria, al di là delle solite immagini da cartolina. Si respira, nel libro, una “furia di vivere” di “esseri umani strambi e felici”, tra suoni, silenzi, mormorii e il movimento dell’acqua, le meraviglie delle sue calli. Una vita che scorre nei bar, come Paolin che era diventato per Toni Jop come una casa e, su tutto, la “laguna sfavillante in mille domeniche di sole ventoso”.

Venezia siamo stati noi é il racconto di un’epoca d’oro, tra gli anni ‘70 e ‘80, attraverso una borghesia lagunare progressista, artisti, letterati, compositori e psichiatri famosi come Franco Basaglia. La grande bellezza degli incontri con Carlo Ripa di Meana , Gianni De Michelis, Hugo Pratt,“ fascinoso, bello, sfuggente”. Le notti passate tra belle case e bella gente, con la musica nuova di Gigi Nono. E la grande euforia del Carnevale “una piccola Woodstock”, piazza San Marco che diventava una grande discoteca all’aperto. E quei biglietti omaggio che Gian Luigi Rondi regalava ai giovani per accedere alla Mostra del Cinema.

Ma tra i suoi personaggi, protagonisti della notte veneziana, incontriamo anche l’umanità inquieta che abitava la motonave per il Lido, i signori e le signore delle osterie, “cagnaroni, allegri e irrispettosi” e una nonna che, una volta all’anno, si mette in ghingheri per andare a San Marco.  

Il libro racconta la “diversità liquida” che attraversa la Sinistra e la storia del Partito Comunista veneziano, le feste dell’Unità, la grande passione politica di quegli anni, ma anche “un primato nell’arte, nella comunicazione, università, ricerca, urbanistica”, un grande fermento che ha attraversato teatro, danza e musica. E poi la vita nelle redazioni dell’Unità, con gli amici di ieri e di sempre, tra docce all’aperto e partite nei cortili trecenteschi. Jop scrive di incontri mai banali, sempre sopra le righe, con personaggi a tutto tondo, raccontati che te li vedi davanti con la loro fisicità ma soprattutto con la loro indole,  come  Lilli, “clandestino di classe” nelle navi e capace di cavarsela in ogni situazione. E il giornalista Toni De Marchi  che “non è uno qualunque, molto alto, molto robusto, barbona, occhi da gatto che ti insegna a non fidarti di nessuno.  Ma anche “miccia corta,  mette niente a incazzarsi fino al corpo a corpo, meno di niente, urlando poi come un Polifemo accecato”.

Venezia é una città pronta a tutto, a risse in laguna, a volte sventate con “pazienza infinita”. E’anche palcoscenico compiacente dei primi turbamenti amorosi declinati al maschile, con tanto di calendari con le donne procaci e le ragazze  di un College inglese che fanno sognare, con la forza di amori adolescenziali consumati in fretta, tra le Zattere e la sabbia del Lido.

L’Autore racconta la città “più preziosa e fragile del mondo”,“dalla bellezza indolente e capricciosa”con i suoi segreti e le sue trasgressioni, sempre alla ricerca di un difficile equilibrio tra terra, acqua  e l’ecosistema nel più grande polo chimico d’Europa, Porto Marghera.

Toni Jop guarda alla Venezia di oggi, stravolta da un uso consumistico che le cambia i connotati, dal “più spietato mercato immobiliare d’Europa”, pressato da un turista facoltoso a caccia “di un affaccio esclusivo e prestigioso proprio sull’acqua”. Una città di passaggio, assediata da grandi navi che intasano il Canal Grande, stravolta dal turismo di massa. Con quell’inchino irriverente che mette a rischio fondali, rive, palazzi e marmi. Non manca una documentata critica al Mose, la barriera per fermare l’acqua alta, concepito senza una visione integrata della laguna e senza il parere dei veneziani che amano e vivono la loro città.