Immagine simbolo di oggi: “Jeanne Hebuterne nella sedia blu”, Modigliani,1918.
Il rapporto intenso e totalizzante tra Modigliani e la sua musa Jeanne Hebuterne è uno dei più appassionati sodalizi di tutta la storia dell’arte. Nell’opera di oggi si comprende bene l’amore malinconico che l’artista provava per lei, l’utopia realizzata dell’unica, fedele compagna nella vita e nell’arte. Una vita fatta di passione (divennero presto famosi i litigi pubblici tra loro, tanto che alcuni locali non li lasciavano entrare) ma anche di eccessi (droga, alcol, tradimenti) stenti, malattia e morte (Modigliani morì giovanissimo di tubercolosi e Jeanne, apprendendo della sua morte, in attesa di partorire, si gettò dal quinto piano). Modigliani la ritrae su un fondo azzurro di una poltrona, nella loro casa di Parigi, come un angelo caduto; l’ovale puro del viso, dalle sfumature aranciate, contornato dai lunghi capelli castani, il collo lunghissimo leggermente inclinato e lo sguardo vuoto, dagli occhi perduti, diretto all’osservatore. Cerca in lei la verità e la bellezza, la purezza e l’eleganza; cerca di conoscerla veramente (“dipingere una donna è come possederla“, diceva). L’assenza di iride però ci rivela l’impossibilità di scandagliare la profondità della sua anima, dannata tra disperazione e passione. È una donna in attesa Jeanne come forse molti di noi in questa pandemia. Cosa ci frena, ci irrigidisce, condannandoci in pose cristallizzate? È la paura per un futuro incerto o la vertigine di sapere che la nostra anima non ci consentirà più la vita di prima?
“Il tempo guarirà tutto. Ma che succede se il tempo stesso è una malattia? Come se qualche volta ci si dovesse chinare per vivere ancora. Vivere: basta uno sguardo”. (dal film “Il cielo sopra Berlino”) #stopcovid19⛔️?✋