Ho letto commenti della decisione del 5 maggio 2020 della BVergGe (nel procedimento 2 BvR 859/15) che a mio avviso non colgono il reale significato della decisione.
Si può operare una lettura politica della decisione ed una lettura tecnica (giuridica).
Sotto il profilo politico indubbiamente la Corte, lancia un monito agli organi di governo ed alle istituzioni della Repubblica federale, condizionandone l’azione politica nel contesto della gestione della crisi da pandemia..
Sotto il profilo tecnico giuridico la decisione riafferma il potere – dovere della BVerfGe di controllo degli atti della Ue che mettono in pericolo l’identità tedesca, come stabilito nell’art.4 par 2 del Trattato (Tue), e conseguentemente di impedire che producano efficacia nel territorio tedesco.
Andrebbe ricordato che la decisione del 5 maggio 2020 e’ stata emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale (la sentenza Weiss 2018) alla CGUE, alla quale la Corte Tedesca aveva sottoposto cinque quesiti in tema di legittimità dell’operato della Bce nella gestione del PsPp.
Nella motivazione della decisione, che non è esattamente di rigetto dell’azione (complaint) dei ricorrenti, la BVerfGe ha ritenuto insufficiente la motivazione della CGUE sulla legittimità dell’operato della Bce ed anzi decisamente contraddittoria con precedenti decisioni ed comunque al di là del suo mandato.
La decisione sarebbe tecnicamente ultra vires assieme alla decisione 2015/774 della Bce, perché fuori del perimetro di competenza della Ue in relazione al principio di attribuzione (art. 4).
Come tale non sarebbe vincolante ex art. 19 TFUE e legittimante il potere di sindacato della BVerfGe e la sua giurisdizione sul punto.
La valutazione di incompatibilità da parte della BVerfGe, una volta accertata in concreto, determina un blocco di applicazione (Anwendungssperre); nel caso in esame, trattandosi di ricorso diretto di chi contesta la violazione di diritti costituzionali da parte di organi statali, ovvero la loro inerzia, la decisione sarebbe assistita da forza di legge di cui all’art. 31 e 13, 8a, della BVerfGG (legge istitutiva della Corte).
Gli atti della Ue sarebbero inefficaci ed inapplicabili e il governo e la Bundesbank sarebbero, ciascuno nelle proprie competenze, obbligati ad agire per eliminare gli effetti degli atti illegittimi.
E’ tuttavia una decisione condizionata al parere di BB che entro tre mesi deve dimostrare che le Bce non abbia violato i compiti che le sono affidati dal TFue.
Non è certo un fulmine a ciel sereno.
La BVerfGe ha affrontato il tema dei limiti del processo di integrazione europea. Ci sono le sentenze Solange 1 e 2 e Maastricht (BverfGe 37,271, 1974; BVerfGe 73,339 1985 e BVergGe 89,155 del 1993) e poi c’è la Lissabon Urteil (BVerfGe 2 BvEv2/08) che chiaramente esplicita un limite insuperabile costituito dal l’identità tedesca, costituito dal nucleo non emendabile del terzo comma dell’art. 79 GG.
L’assunzione di atti ultra vires violerebbe peraltro il principio di leale collaborazione perché in sostanza quella della Bce sarebbe attività abusiva in quanto non coperta dalla relativa attribuzione di competenza.
Insomma la decisione riafferma con forza il principio della intangibilità della identità costituzionale tedesca,principio giuridico dotato di particolare forza e per questo non negoziabile a livello politico e dalla politica:
“dem Deutschen Bundestag Aufgaben und Befugnisse von substantiellem Gewicht verbleiben müssen” (il parlamento Tedesco deve essere mantenere un compito e un potere di notevole peso).
Il principio, tuttavia, declinato nella vicenda oggetto del giudizio, decreterebbe di fatto la fine del Pspp, l’adozione di una politica di rigida chiusura della Germania nella gestione della finanza della Ue, potendo provocare l’innesco di un processo di smottamento della già pericolante architettura dell’Unione.