CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA – La disciplina della crisi dei professionisti e dei consumatori

Talune riviste specializzate hanno proposto una lettura fuorviante del decreto legislativo n. 14/2019: gli autori dei primi commenti al decreto hanno prospettato l’ipotesi della sottomissione dei professionisti, tra questi gli avvocati, alla procedura di liquidazione giudiziale delle imprese che, come è noto, sostituisce l’istituto del fallimento.
La tesi diffusa è quella della fallibilità dell’avvocato insolvente.
Si tratta di una lettura superficiale e fuorviante del testo e sciaguratamente allarmista.
Ritengo che l’equivoco sia stato generato dalla esclusiva lettura dell’art. 1 del Codice che, nel disciplinare il suo ambito di applicazione testualmente prevede: “Il presente codice disciplina le situazioni di crisi e di insolvenza del debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo, gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici”.
Si tratta, si ripete, di una impostazione di studio gravemente superficiale e del tutto parziale del testo del Codice.
Ci sono puntuali argomenti testuali, ovvero di diritto positivo, che escludono ogni dubbio sull’esclusione dei professionisti dalla procedura della liquidazione giudiziale.
Ed in effetti già il testo dell’art. 2, primo comma, del decreto n. 14, alle lettera c) prevede “ c) “sovraindebitamento»: lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza
Ma risulta ancor più decisiva la lettura dell’art. 121, che limita espressamente l’applicabilità delle disposizioni della liquidazione giudiziale esclusivamente agli imprenditori commerciali, che non costituiscano impresa minore, come descritta dalla lettera d) dell’art 2, comma 1 del codice ( ovvero quelle imprese che non raggiungano i valori di attivo, ricavi e debiti sostanzialmente corrispondenti a quelli indicati all’art. 1, secondo comma della vecchia legge fallimentare): “Le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), e che siano in stato di insolvenza.”.
Gli avvocati, i professionisti in generale e gli imprenditori non commerciali non possono fallire, ovvero non sono sottoposti alla procedura di liquidazione giudiziale e non rispondono dei reati concorsuali indicati nel Titolo IX dagli artt. 322 e sgg., ovvero le fattispecie di reato disciplinate dagli artt. 216 e ss. dell’abrogato regio decreto n. 267/1942.
Il decreto legislativo n. 14/2019 prevede invece la possibilità degli avvocati di accedere alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinati dal Titolo IV, sezione II del codice.
Si riassumono qui di seguito, le procedure disciplinate dal codice ed accessibili ai professionisti ed alle altre categoria non soggette alla liquidazione giudiziale:
1) accordi di ristrutturazione dei debiti con i creditori (art. 57) che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti, soggetti ad omologazione del Tribunale ex art. 44 del codice su domanda formulata ex art. 37;
2) accordi di ristrutturazione agevolati (art. 60), quando il debitore non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi e non abbia richiesto misure protettive temporanee di cui all’art. 20 del codice (cfr. artt. 54 e 55);
3) accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (art.61). Si tratta di accordi che in deroga agli artt. 1371 e 1372 c.c. producono effetti anche nei confronti dei creditori non aderenti all’accordo proposto dal debitore;
4) convezione moratoria (art. 62) è diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi ed ha ad oggetto la dilazione dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che comporti rinuncia al credito; in deroga agli artt. 1372 e 1411 cc. è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria
5) transazione fiscale ed accordi su crediti contributivi (art. 63): il debitore, nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione degli accordi di ristrutturazione di cui agli artt. 57, 60 e 61, può proporre una transazione fiscale. In tali casi l’attestazione del professionista indipendente in possesso dei requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lettera o) , relativamente ai crediti fiscali e previdenziali, deve inerire anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale; tale circostanza costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale.

Nei confronti delle Sta, ovvero della società tra avvocati, il discorso è più articolato e controverso
Ritengo che le Sta possano essere soggette alla procedura di liquidazione giudiziale, per le ragioni che verranno esposte qui di seguito.
La tesi è legata alla riforma della legge professionale prevista dalla legge n.124/2017, che ha introdotto l’art. 4 bis nella legge 247/2012 ( legge professionale) ed abrogato l’art. 5 della legge 247/2012, che prevedeva una delega al Governo per la disciplina della professione in forma societaria, che il Governo non ha ritenuto di esercitare
L’art. 5 della legge professionale prevedeva una Delega al Governo per la disciplina dell’esercizio della professione forense in forma societaria. Tra i principi ed i criteri direttivi indicati nel testo, alla lettera m), espressamente previsto : “m) stabilire che l’esercizio della professione forense in forma societaria non costituisce attività d’impresa e che, conseguentemente, la società tra avvocati non è soggetta al fallimento e alle procedure concorsuali diverse da quelle di composizione delle crisi da sovraindebitamento”.
Abrogato l’art. 5 ed il principio di cui alla lettera m), la legge n. 124/2017 ha inserito nella legge professionale, legge 247/12, l’art 4 bis che ha previsto la possibilità di costituire le Sta secondo gli schemi codicistici generali senz’altra specificazione.
Questo conduce a sostenere che, in forza dell’intervento legislativo, le Sta non costituiscono più un genere autonomo e sono pertanto assoggettate integralmente allo statuto dell’imprenditore commerciale
Ed in effetti l’art. 4 bis non prevede limiti al novero delle attività che possono costituire l’oggetto sociale delle Sta, ma disciplina esclusivamente limiti di partecipazione al capitale sociale dei soci non professionisti, limitata ad un terzo della capitale.
Questo significa che le Sta possono esercitare anche attività commerciali, posto che il limite contenuto nel d.lgs. n. 96/2001, emanato in attuazione alla Direttiva Ue 98/5/CE, che limitava la partecipazione al capitale sociale dei soli professionisti e che prevedeva che le Sta non potevano fallire, è stato di fatto eliminato dalla legge 124/2017.
Va detto che la recente decisione del Tribunale di Forlì, decreto n. 61/2017 del 25 maggio 2017, emanato in esito alla presentazione di una istanza di fallimento di una Stp-Srl, non risolve i dubbi che la riforma del 2017 ha sollevato, considerato che la ratio decidendi del decreto si fonda sul presupposto che la società tra professionisti non svolge attività di impresa commerciale.
Nella decisione è stato valorizzato il criterio sostanziale, ovvero della estraneità della Sta all’esercizio dell’attività commerciale come individuato dagli artt. 2082 e 2195 c.c..
Ora, considerata l’assenza di limiti di diritto positivo del contenuto dell’oggetto sociale della società tra professionisti, come disegnata dall’art 4 bis della legge 247/2012, va evidenziato che, qualora l’oggetto sociale della società non si limiti all’esercizio esclusivo della attività professionale e preveda l’esercizio di altre attività estranee a quella professionale, non possa in tesi essere esclusa la possibilità che la sezione fallimentare del Tribunale territoriale, investita dell’istanza di liquidazione della Sta insolvente, possa ritenere prevalente o equivalente il carattere commerciale dell’attività esercitata dalla Sta e per l’effetto ritenere applicabile la normativa in materia di fallimento in capo alla Sta, recte la sua sottoposizione alla liquidazione giudiziale con le conseguenze anche in termini di responsabilità degli amministratori della Sta dichiarata in stato di liquidazione giudiziale.

* Antonio Martini è Vice Presidente dell’associazione Tradizione e Innovazione Forense