L’INTERVISTA – Renato Marengo: “Quei 5 giorni trascorsi insieme cambiarono il mio giudizio su Lucio Battisti”

Il produttore discografico, conduttore radiofonico, giornalista e critico musicale, scrittore e ideatore del Napule’s Power nei Settanta, in occasione della pubblicazione del suo libro PAROLE DI LUCIO racconta la vera storia che portò all'unica intervista esclusiva di Battisti

 

La musica è una presenza costante nella sua vita: suo padre era prima viola presso l’orchestra del Teatro San Carlo di Napoli. Renato Marengo esordice come critico musicale scrivendo di classica per Il Loggione e Il giornale della Musica e poi fonda a Venezia il mensile di musica e immagini Attuale, al quale collaborano tra gli altri Giuseppe Sinopoli e Crepax.

Reanto Marengo

Negli anni ’70 diventa la vera e propria forza motrice del Napule’s Power, producendo tra gli altri Nuova Compagnia di Canto Popolare, Toni Esposito, Edoardo Bennato, Musicanova di Eugenio Bennato, Teresa De Sio, Roberto De Simone, Concetta Barra, Mario Schiano, promuovendo e sostenendo anche artisti non prodotti da lui come Pino Daniele, Alan Sorrenti, Enzo Avitabile, Napoli Centrale, Jenny Sorrenti, Osanna.

Dagli inizi degli ’80 decide di dedicarsi maggiormente all’attività giornalistica e radiotelevisiva, divenendo coordinatore generale di Ciao 2001, Music, Blu, Blujazz, firmando e conducendo per la RAI numerosi programmi di successo tra cui Big, Tandem, Sereno variabile, Vediamoci sul 2, Rai 2 per voi, e conducendo su Rai Radio 1 dal 2002 al 2014 – assieme a Michel PergolaniDemo, trasmissione dedicata ai giovani musicisti emergenti. Dal 2012 è direttore responsabile di Cinecorriere.it, storica testata dedicata al cinema italiano. Dal 2015 è ideatore, autore e conduttore di Classicrockonair.

Nel 2011 Marengo torna attivamente nel mondo discografico producendo il cd Questione meridionale e il dvd collegato Briganti Emigranti di Eugenio Bennato. Nel 2016 è ancora una volta produttore artistico della Nuova Compagnia di Canto Popolare col cd 50 anni di buona Compagnia. È produttore artistico di Opus Avantra (Premio Prog alla Carriera 2017), e Music Supervisor per il film Anima con le musiche di Alberto Pizzo e PFM. Di pochi mesi fa la produzione di Rosa Rosae di Donella Del Monaco e Opus Avantra.

Di recente in un piacevole appuntamento a Roma presso Welcome To The Jungle – Record Store Renato è tornato a parlare della vicenda che lo vide protagonista nel 1974 di un inaspettato incontro e di un’involontaria intervista con Lucio Battisti negli studi di registrazione de Il Mulino dove l’artista di Poggio Bustone – Lucio detestava letteralmente i giornalisti perché finivano per occuparsi della sua vita privata invece che della sua musica – si trovava con l’allora inseparabile Mogol per le fasi finali di mixaggio di Anima Latina. Un incontro senza alcuna premeditazione che fruttò al settimanale Ciao 2001 – allora la Bibbia del Rock – di toccare il record di 500mila copie vendute e a Lucio Battisti lo sdoganamento definitivo anche presso quegli ascoltatori più esigenti e progressisti che lo consideravano un cantautore poco giovane o comunque commerciale. Incontro sul quale lo stesso Marengo scrisse nel 2010 il libro “Lucio Battisti: la vera storia dell’intervista esclusiva” (Francesco Coniglio Editore) poi aggiornato e ripubblicato da Chinasky con il titolo “PAROLE DI LUCIO – I 5 giorni che proiettarono Battisti nelle orecchie del Rock“.

Lucio Battisti

Renato Marengo ha avuto la squisita cortesia verso MPNews di ricordare,
con il suo affascinante e coinvolgente modo di raccontare, quei cinque giorni inaspettatamente trascorsi con Battisti.

L’INTERVISTA

Nel 1974 eri al Mulino di Anzano del Parco come produttore artistico per la registrazione del secondo album di Tony Esposito Processione sul mare, ma lo studio era occupato da Mogol e Battisti che stavano ascoltando e riascoltando Anima Latina. Puoi raccontarci in breve cosa accadde quando dopo un giorno di attesa si aprì la porta dello studio?

Il racconto di cosa accadde ha riempito un libro, anzi due, posso provare a sintetizzare l’essenziale. Ero molto innervosito, anche un po’ offeso: “Ma come? Arriviamo da Roma, da Napoli in 10 tra musicisti, tecnici, produttore e soprattutto un Tony Esposito che non vedeva l’ora di menare le mani su strumenti e amplificatori, con una levataccia per arrivare in aereo a Milano. Poi il tragitto da Milano al Mulino di Anzano in campagna. Avevamo calcolato di entrare in studio almeno per piazzare gli strumenti, guardare la consolle, ambientarci, verso mezzogiorno. Invece alle otto di sera, senza che nessuno avesse detto una parola se non “beh tra poco lo studio è libero e potrete entrare”, lo studio era ancora occupato e per di più dallo stesso Lucio. Che non era solo un artista ma anche il proprietario dello studio e il nostro discografico, visto che la RCA ci aveva dirottati sulla Numero Uno, l’etichetta di Battisti e Mogol collegata strettamente alla RCA. Beh, con Tony in una sala prove a sbollire un po’ di tensione e incazzatura, rimasi io a presidiare la porta della sala di registrazione – che non si apriva mai – per capire quando saremmo effettivamente entrati.

Renato Marengo con Tony esposito

Quando finalmente si apre la porta compaiono Claudio Pascoli, ottimo sassofonista ma anche collaboratore agli arrangiamenti di Lucio, e lo stesso Battisti che stanno discutendo animatamente sul livello di uno strumento, proprio un fiato, rispetto agli altri suoni. “Ma allora questo disco che era dato per finito, non finisce mai! E noi quando entriamo?”, pensai preoccupatissimo. Pascoli mi vede per primo e, nel pieno dell’animata discussione, quasi a cercare manforte, rivolto verso di me dice a Battisti: “Guarda Lucio, qui c’è Renato Marengo, il produttore artistico di Bennato, Nuova Compagnia di Canto popolare, Tony Esposito, perché non chiediamo anche a lui un parere?” Battisti, col quale non ci conoscevamo, si avvicina e dice, a bruciapelo: “Marengo entra un momento per favore”. Entra un momento?!? Io che notoriamente non ero uno sfegatato battistiano e da buon intellettuale impegnato di sinistra, non ero certo abituato a intimidirmi davanti a personaggi famosi, dico tra me e me “Ma guarda un po’, invece di scusarsi perché stiamo aspettando da una giornata intera, questo mi chiede di entrare. Insomma, non certo con una buona predisposizione e con l’intento di potergliene dire finalmente quattro, molto maldisposto entro nello studio di Battisti. Beh, ufficialmente il Mulino era la sala prove di Battisti. Immaginatevi un po’ la sala prove di uno che vendendo milioni di copie registra i suoi dischi nelle migliori sale del mondo (Londra, Chicago, New York) che sala prove poteva avere. Ma certamente lo studio (altro che sala prove) più attrezzato d’Italia! C’era di tutto: sintetizzatori, filtri, amplificatori, attrezzature Dolby, tastiere su tastiere, una specie di Paese delle Meraviglie della registrazione. Superato il primo impatto e sempre ingrugnito mi seggo alla consolle con Pascoli, Battisti e il fonico e Lucio fa partire la base. Piccola parentesi: io ero lì come produttore di Tony Esposito (e in quel momento la mia onestà intellettuale il mio rigore patologico con tanto di onestà ideologica prese il sopravvento) ma ero anche il responsabile del repertorio italiano di Ciao 2001 e, accidenti, stavo per ascoltare in anteprima mondiale assoluta un brano del nuovo, segretissimo e attesissimo LP di Lucio Battisti. Roba che sarebbero forse passati con gli elicotteri commando di spie armate dei più sofisticati strumenti di registrazione a distanza, alla 007, per carpire anche due sole note di quel nuovo disco dell’imprendibile divo e poterne scrivere in anteprima. E io ero là, pronto ad ascoltare, ufficialmente invitato, in anteprima mondiale, un brano di Anima Latina. Beh devo dire che, per incredibile che possa sembrare, al momento non ci pensai nemmeno, io ero il produttore di Tony e non vedevo l’ora di parlargli con una certa franchezza, subito dopo l’ascolto, del disagio che ci aveva creato. Ma non avevo fatto i conti con quel che avrei ascoltato! Insomma, parte la base, e in pochi secondi vengo letteralmente avvolto, orecchie e sentimenti, in una musica, in suoni, in atmosfere a dir poco stupefacenti. Quel che stavo ascoltando era così distante dall’idea che sino ad allora avevo di Battisti: cantante con la voce accattivante, belloccio, furbacchione con le frasi che facevano innamorare, bravo arrangiatore questo sì, ma pur sempre cantante di musica leggera, insomma come Baglioni, come Cocciante, come Morandi. Che per noi ultrà rockettari incalliti era come stare da un’altra parte. Questa era l’idea che sino ad allora avevo di lui, esecutore di brani molto orecchiabili, con testi maschilisti e un po’ di destra. E improvvisamente tutto questo resta in un angolo della mente e mi trovo immerso in qualcosa di magico, una musica straordinaria, come fare un tuffo nella luce, melodia, arrangiamenti, ritmica, tastiere, voce, tutto in grande armonia…
“Ma, di chi è questo brano?”, chiedo incredulo e spontaneo. “A Marè, e di chi dev’essere? È a mia!” mi rispose Lucio dicendo subito a Pascoli “Lo vedi? Nun me conoscono come musicista, diglielo a Giulio (Mogol, ndr), che si preoccupa che con questo disco non vendiamo, diglielo Claudio che non mi conoscono come compositore, come arrangiatore, come artista rock, si meravigliano”.
E qui occorre leggere il libro, l’intervista che quasi rocambolescamente, ma col suo consenso riuscii a strappare a Battisti. A lui, che odiava i giornalisti e che da 5 anni non parlava più con loro.

Copertina Anima Latina 1

Nacque così la prima intervista involontaria di Lucio Battisti, che da ben cinque anni si rifiutava di parlare con la stampa. Come stavi dicendo, fino a quel momento Battisti non era certamente tra i tuoi autori preferiti, ma ascoltando Anima Latina e conoscendo Lucio cambiò qualcosa…

Beh, non ci dormii tutta la notte. Ma come, Battisti, quel Battisti è un compositore incredibilmente bravo, un arrangiatore eccezionale ma perché questa cosa non era venuta fuori prima di Anima Latina? E poi, come fa a piacermi se lui è di destra? mi chiedevo. A quel tempo eravamo fortemente impegnati in politica, il rock, il jazz, il funky, l’avanguardia erano di sinistra, la musica leggera, sanremese, quella delle canzonette, di destra.
Mi piacque molto quello che avevo sentito, mi piacque lui. Pensai che non fosse un caso che io mi trovassi là proprio mentre l’anima gli stava diventando latina. Sì, altro che orso, scorbutico e poco affabile! Con me si rivelò estremamente umano. Mi invitò anche nei giorni successivi ad ascoltare tutto l’LP, uno dei più bei dischi italiani da me ascoltati sino ad allora. Ma mi rodeva fortemente un pensiero, e allora non potei fare a meno, data anche la confidenza e la simpatia nate tra noi, di chiedergli esplicitamente: Lucio ma è vero che sei fascista? Mi guardò stupito e mi disse: “E che vor dì? Io non mi interesso per niente di politica, non so neanche cosa voglia dire oggi essere fascista. Non lo sono, non sono di nessun partito, Giulio è socialista e a volte parliamo della gente, ne abbiamo conosciuta tanta, tanto popolo nei nostri viaggi in America Latina, quanta umanità tra le favelas.”
Come scrivo anche nel libro, scoprire che forse era un qualunquista, ma non certo un fascista, mi fece tirare un sospiro di sollievo.

Quale fu a tuo avviso il cambiamento più profondo che generò in Battisti il soggiorno in America Latina?

Quel viaggio lo avvicinò alla gente vera, alla gente comune, alle ingenuità e ai problemi del popolo e delle persone comuni. Lui vittima della sua incredibile popolarità era terrorizzato dallo stare in mezzo alla gente come lo era sempre più del pubblico ai concerti. Mi confidò che tra la gente delle favelas aveva scoperto tanta umanità. E in Anima Latina questo senso di partecipazione universale, questo contatto col resto del mondo si avverte.

Copertina Anima Latina 2

Mi sembra di capire che non fu un cambiamento, però, che si protrasse nel tempo…

Un divo da tre, quattro milioni di copie a disco, proprietario della Numero Uno, con diritti d’autore a otto, nove cifre che gli arrivano da tutto il mondo non è che da un giorno all’altro mette il saio e getta i miliardi alle ortiche. Certo è che Anima Latina anche a lui lasciò il segno. Alcuni malumori, alcune messe in discussione del rapporto con Mogol, che era anche il suo produttore e che influenzava molto le sue scelte, mi fecero capire che questo inizio di cambiamento era un’avvisaglia di quello che poi lo avrebbe portato alle scelte drastiche e avanguardistiche (per lui quasi un ricominciare a vivere in un altro pianeta), con Panella.

Vi fu un secondo incontro e una seconda intervista a Battisti, un anno dopo quel fortuito incontro al Mulino, con qualche polemica…

Re Nudo, rivista alternativa radicale, pacifisticamente rivoluzionaria, voleva organizzare un tour a Lucio Battisti. Un’impresa azzardata, si avvicinavano gli anni di piombo, Parco Lambro e i concerti, anche quelli dei rockettari più incalliti e di sinistra diventavano rischiosi per le contestazioni, le autoriduzioni, insomma anni turbolenti e difficili: De Gregori veniva processato, Venditti messo al bando. Mogol, per paura che Lucio in questi nuovi scenari perdesse consensi, decise che – sostenuto da un gruppo eccezionale come Il Volo (non i tre tenori di oggi naturalmente ma quello vero, un gruppo con Vince Tempera, Radius, Lavezzi, e Lorenzi) Battisti si sarebbe potuto esibire per i pubblici dei grandi raduni rock. Menomale che non lo fece; se lo sarebbero mangiato. Lo stesso Re Nudo fu contestato, gli autonomi – e già si sentivano rumori di rivoltelle – espropriarono proprio in quel periodo il banchetto di Re Nudo a Parco Lambro, quello dei polli proletari a prezzi politici. Le cose andarono così: fecero una riunione a casa di Caesar Monti, compianto straordinario fotografo, fratello di Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik e autore di molte copertine di dischi di Lucio. Cesare, sua moglie e alcuni giornalisti facevano parte di Re Nudo che oltre ad essere una rivista era anche una sorta di movimento moderatamente ribelle capeggiato da Andrea Valcarenghi, divenuto proprio in quei giorno Majid ovvero neo-sannyasin di Osho Rajneesh. Per farla breve, Battisti va a questa riunione dove avrebbero dovuto convincerlo a fare concerti in pubblico, davanti a quel pubblico ribelle che lui certo non amava. Battisti, col quale grazie alla prima intervista avevo ormai stretto amicizia, visto che non avevo scritto null’altro oltre che di musica come mi aveva richiesto, chiede che sia presente anche io a quella riunione per sentire il mio parere. Alla riunione succede di tutto perché alcune ragazze di Re Nudo danno del maschilista a Battisti, gli chiedono conto di alcune frasi delle sue canzoni che loro reputavano offensive per le donne. Lucio si infuria, litigano. La riunione finisce male e mentre con lui e con il suo ufficio stampa, Claudio Bonivento (mio buon amico, oggi affermato produttore e regista cinematografico) usciamo da casa di Caesar Monti, Battisti dice letteralmente: “Questi sono pazzi, e io dovrei fare concerti con loro?”. Io che ero lì – questa volta ufficialmente come giornalista – vengo autorizzato proprio da Lucio a scrivere di questa sua scelta definitiva. Scrivo un lungo articolo su Nuovo Sound (ero andato via per un periodo da Ciao 2001) e, senza eccedere né sguazzare sull’accaduto, con estrema precisione racconto l’esito del burrascoso incontro e della decisione di Battisti (anche questa seconda intervista, come la prima, è pubblicata nel mio libro). I concerti lui aveva deciso di non farli ma quelli di Re Nudo, ovviamente delusi da quel rifiuto provarono incredibilmente ad attribuire al mio articolo il fallimento del progetto. Non era affatto vero, ovviamente, e Claudio Bonivento che conosce bene tutta la storia lo ha più volte dichiarato. Ragazzi, erano già cominciati gli anni di piombo, probabilmente il rischio per Battisti non sarebbe stato solo quello di una semplice contestazione ai suoi concerti ma forse molto più grave. Ma a qualcuno ancora oggi, attribuendomi un potere che certamente non avevo, quello di decidere le sorti di un tour da milioni di lire, piace raccontare quella versione.

Renato Marengo

Cosa ti ha lasciato, dopo 45 anni, quell’incontro con Lucio?

La consapevolezza di una capacità – che allora non credevo di avere – di anteporre le emozioni, le sensazioni, l’obiettività critica al dogmatismo pragmatico e militante. La bellezza dell’arte, della musica sta nella sua capacità di farti andare oltre i pregiudizi e di riuscire a goderne senza per questo dover tradire ideali o convinzioni o scendere a compromessi. Ho scoperto che esiste il bello, il piacevole, il geniale e non ho avuto paura di raccontarlo. Forse l’incontro ravvicinato con Battisti, di cui non ero né sono mai diventato un fan, mi ha aiutato a crescere come critico anteponendo la valutazione artistica a pregiudizi e limitazioni preconcette.

Copertina libro Marengo prima edizione

Questa nuova edizione del tuo libro, originariamente pubblicato da Coniglio Editore qualche anno fa, è particolarmente arricchita da un capitolo scritto proprio da Francesco Coniglio. E poi c’è il bel saggio di Gianfranco Salvatore. Perché hai deciso di riproporre il libro?

Il saggio di Gianfranco è stato un grande regalo che mi ha fatto già nel primo libro. Salvatore è un musicista prima di essere un critico preparatissimo, un grande musicologo, un professore che partendo dalla musica etnica arriva all’avanguardia più spregiudicata, lui è un vero e proprio studioso e di Battisti conosceva tutto e aveva analizzato anche in suoi precedenti saggi, anche tecnicamente, le sue composizioni. Quindi il suo contributo arricchisce il mio libro di commenti, critiche e analisi dell’arte compositiva di Battisti. Io ho raccontato anche con un certo gusto narrativo, ma senza alterazioni, la storia vera in ogni particolare di un incontro e di quello che poi è diventato, quasi a mia insaputa, lo scoop del secolo. Nel libro c’è il racconto rocambolesco di come e perché Battisti acconsentì, per la prima volta dopo la sua decisione di trincerarsi nel silenzio, a farmi pubblicare su Ciao 2001 quella esclusiva su di lui che fece vendere al settimanale, che normalmente stava sulle ottantamila copie ben 500mila copie. Nel suo intervento in questo secondo libro LE PAROLE DI LUCIO, ripubblicato in questi giorni, Francesco Coniglio – editore del mio primo libro “Lucio Battisti: la vera storia dell’intervista esclusiva” – sottolinea come l’atteggiamento del popolo del rock verso Battisti cambiò proprio dopo la pubblicazione della mia intervista su Ciao 2001, vera e propria bibbia del rock degli anni ’70. Il mio racconto di quell’incontro, la mia scoperta di un Battisti grande compositore di rock internazionale e ancor più grande arrangiatore, riconosciuto ufficialmente da artisti come David Bowie e da altri grandi del rock internazionale, oltre alla voce roca e sensuale e ai suoi riccioli accattivanti, insomma oltre il cantante di successo, metteva in risalto un vero genio musicale (oggi lo riscopre anche il mondo del Prog). Aggiungerei che poiché quella fu veramente l’unica intervista che Battisti abbia mai concesso, dove parla soprattutto della sua musica, delle sue ispirazioni delle motivazioni stesse che lo spingono a comporre a suonare e a cantare, quella intervista è servita poi di base a decine di altri autori di libri su Battisti. Qualcuno mi ha chiesto l’autorizzazione, qualcun altro mi ha intervistato, molti hanno tranquillamente attinto o saccheggiato.

I tempi sono profondamente e radicalmente cambiati rispetto ai prolifici e impegnati anni ’70, quando si pensava di poter cambiare il mondo anche con la musica. Pensi che sia ancora possibile pensare di cambiare il mondo attraverso l’arte?

Cambiarlo no, migliorarlo forse sì. La musica è un mezzo per provare e trasmettere emozioni, è pura sensibilità, la sensibilità certamente ingentilisce gli animi. Se quei ragazzi che si riprnedono mentre violentano donne o massacrano disabili usassero i cellulari per ascoltare in cuffia buona musica e bei testi certamente verrebbero stimolati sentimenti e comportamenti più degni di un essere umano.

Se Battisti fosse ancora vivo oggi, che musica farebbe?

Per molti di noi quello che Battisti ha fatto con Panella è frutto di maturità, di crescita, di coraggiosa sperimentazione, di avanguardia. Credo che avrebbe proseguito su quella via.