“Le donne devono essere nude per entrare nei musei?” si chiedevano provocatoriamente le artiste femministe americane. E questo interrogativo delle Guerilla girls risuona nelle sale della mostra “Donne – Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione”, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma fino al 13 ottobre 2019. In effetti, per secoli, l’immagine femminile è stata legata a nudi, di volta in volta utilizzati come modello di bellezza, di erotismo, di seduzione, di forma da studiare.
Ma la nudità non è stato l’unico stereotipo: la mostra presenta un centinaio di opere in cui le donne ritratte oscillano tra Amor sacro e Amor profano, tra doti domestiche e maternità, tra muse ispiratrici e fonte di ogni peccato. Ed eccole, mogli e madri di un piccolo mondo antico, in attesa come Le spose dei marinai di Antonio Campigli, madri dolorose ma anche dee e creature mitologiche. Non manca un opera degli anni Sessanta di Pino Pascali, La gravida o Maternità, che raffigura una donna incinta, senza volto, ma con un ventre enorme e tridimensionale, coperto da un velo.

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del 1900, questa ambivalenza si esprime in tutti gli ambiti della cultura, della letteratura e anche nel cinema, in cui arrivano le prime dive, donne divine come Francesca Bertini e Lyda Borelli.
Il mito della donna fatale, una fantasia tutta al maschile, inizia ad incrinarsi con i profondi cambiamenti politici e sociali che fanno seguito alla Grande Guerra, soprattutto con il diritto al voto e l’avvento della Psicoanalisi. I pittori iniziano a scrutare l’animo femminile con ritratti che cercano di coglierne l’essenza. Emblematico il dipinto Il dubbio che ritrae Elisa Marcucci, la moglie di Giacomo Balla.

Le donne vivono un’identità inquieta, testimoniata dal movimento femminista, dalle sue lotte e produzioni artistiche, di cui sono raccolte diverse testimonianze (riviste,video, manifesti…) in una sezione dedicata. Pregio di questa mostra, in cui i dipinti e le opere sono prevalentemente maschili, è di aver raccontato, in sintesi, i cambiamenti recenti dell’immagine femminile, in una società in cui le Arti erano pensate e realizzate da uomini.
Il percorso espositivo é accompagnato da videoinstallazioni, documenti fotografici e filmici tratti da opere cinematografiche e cinegiornali provenienti dalla Cineteca di Bologna e dall’Archivio dell’Istituto Luce-Cinecittà che ne hanno curato la realizzazione. In una sala è proiettato il film Bellissima (2004) di Giovanna Gagliardi, che attraverso documenti storici dell’Archivio Luce, spezzoni di film, canzoni popolari e interviste, racconta il cammino delle donne nel Ventesimo secolo: vediamo donne che ricamano, lavano i panni nel fiume, donne che fanno ginnastica e lavorano in fabbrica.
Speriamo che ci sia la volontà di dare spazio ai dipinti e alle opere che le donne hanno prodotto e che sono spesso relegate in secondo piano. Sarebbe l’occasione per mostrare al grande pubblico, in una mostra ad hoc, le opere di pittrici e artiste a volte oscurate dalle opere dei loro mariti o da altri esponenti dei vari movimenti artistici.
Interessante, tra le tante iniziative legate alla mostra, il contest #donne GAM, attivo dal 21 marzo, che consentirà di postare foto di donne del Novecento, fino agli anni Settanta, per poter documentare le storie e i momenti di vita delle donne nel sito della Galleria d’Arte Moderna e nei Social Network.