“In genere I genitori non si scelgono, ma quando accade il legame è piu forte”. In questa frase l’essenza del film Un affare di famiglia di Kore’eda Hirokazu, che esplora, con grande libertà, i sentimenti legati ai legami di sangue e a quelli acquisiti, riuscendo a stupirci e a scardinare molte nostre certezze.
Ma che succede quando una famiglia si sceglie? Nel film, una bambina e un bambino, abbandonati dai genitori, sono accolti in una famiglia decisamente poco tradizionale che dona affetto ma propone comportamenti e stili di vita spesso discutibili.
Un’altra frase chiave del film é quella della protagonista, sterile, che dice: “Non basta partorire per essere madre”.E regala tenerezza e affetto ad una bambina trascurata e abbandonata a se stessa. Come il suo compagno, che offre il suo mondo e i suoi valori a un ragazzino abbandonato in una macchina.
Nel pianeta Famiglia si aprono nuovi scenari, che portano lo spettatore a chiedersi quali siano i veri genitori: quelli che mettono al mondo un figlio o quelli che lo aiutano a crescere?
Con uno stile che ricorda Kurosawa, il regista mostra tutta la complessità dei nostri sentimenti, di genitori e di figli, in un contesto poco convenzionale.
Difficile accettare che una strana famiglia, in cui si vive spesso di espedienti, possa essere più accogliente di quella biologica. E il film ci mostra anche che i figli tendono a riprodurre lo stile delle figure genitoriali, nel Bene e nel Male.
Premiato con la Palma d’oro al festival di Cannes del 2018, Un affare di famiglia crea dubbi e un certo disorientamento, facendo cadere divisioni troppo rigide tra Bene e Male. Con tanta voglia di esplorare relazioni ed affetti fuori dagli schemi.