BOURNEMOUTH
Bournemouth è una città sulla costa meridionale del Regno Unito: una località balneare dalle ridotte precipitazioni rispetto alla media nazionale, dal clima temperato, circa 11 km di spiaggia e un molo molto ben attrezzato con diverse attrazioni.

Bournemouth ha anche uno speciale legame con Robert Fripp: mentre si dedicava agli studi di economia, storia dell’economia e storia della politica nel locale College, appena diciottenne rilevò Andy Summers alla chitarra nella Majestic Dance Orchestra – un quintetto dell’omonimo Majestic Hotel con il quale suonò per tre anni. Pure il famoso trio Giles, Giles and Fripp, dal quale si sarebbero poi originati i King Crimson, era una band di Bournemouth; anche i Gods, una delle prime band di Greg Lake, era di Bournemouth. Inoltre, è proprio a Bournemouth che Fripp riceve le prime lezioni di chitarra nel retrobottega del negozio di strumenti musicali – tuttora in attività – di Don Strike.

Il giorno prima, sabato 28 ottobre 2018, al Pavilion Theatre si è tenuto il Family & Friends Concert dei King Crimson, sorta di warming up per la band prima dell’inizio ufficiale di un tour, riservato a parenti e amici. Non è infrequente incontrare in queste occasioni musicisti che hanno fatto parte della Grande Famiglia Cremisi nel corso degli ultimi 49 anni: e stavolta, oltre a David Cross e alla moglie Chiemi (sempre presenti) abbiamo la fortuna di incontrare i fratelli Peter e Michael Giles. Per loro è la prima volta che assistono a un concerto dei King Crimson di questa incarnazione.


IL PAVILION THEATRE
Il Pavilion, costruito nel 1920, è un gran bel teatro con una buona acustica che ospita complessivamente circa 1.500 persone tra platea e galleria.




Ai concerti dei King Crimson, per fortuna, vige da anni il divieto di registrare, fotografare e filmare durante il concerto, eccetto che alla fine, quando anche Tony Levin e Robert Fripp immortalano il pubblico dal palco. Un’ottima regola, ahimè spesso disattesa, che durante i concerti di Bournemouth ha invece trovato l’applicazione più cortese e precisa da parte del pubblico, consentendo così la migliore partecipazione possibile all’evento sia da parte degli artisti che del pubblico.

IL CONCERTO
Quando i King Crimson entrano sul palco è consuetudine che l’apertura spetti ai tre batteristi, Pat Mastelotto, Jeremy Stacey e Gavin Harrison, che si cimentano in un brano di sole percussioni, si tratta di “Hounds of Krim” simpaticamente rinominato di volta in volta a seconda delle serate, il 29 ottobre prende il nome di “Drumsons Turn Back The Tide“, ideale introduzione a due brani degli anni Ottanta. Il primo è “Neurotica” che questa line-up interpreta come meglio non si potrebbe immaginare: sull’incedere rutilante delle batterie si innestano a turno prima il poderoso stick di Tony Levin, poi il sax di Mel Collins e quindi le chitarre di Fripp e di Jakko, con il mellotron di Bill Rieflin a dispensare tocchi di magia durante il brano. A proposito di Levin: l’eccellente bassista e stick man sembra ora molto più incisivo e potente che nel recente passato e conferisce ai brani una base solida ed esplosiva. Lo si nota subito dopo anche con “Indiscipline” il pezzo in cui si esalta la creatività e il divertimento dei tre batteristi (e del pubblico) nel rincorrersi con brevi frasi poliritmiche al di là di ogni schema.
Il primo omaggio a IN THE COURT OF THE CRIMSON KING – che tra un anno compirà esattamente mezzo secolo – arriva con la struggente “Moonchild“, seguita dalle cadenze di Levin al contrabbasso elettrico e Stacey al pianoforte che introducono “The Court Of The Crimson King“, con un amalgama di mellotron di un’intensità indescrivibile (Fripp si unisce alle tastiere di Rieflin e Stacey) che esalta le caratteristiche orchestrali del brano. A sorpresa, per la prima volta dal vivo viene ora eseguita anche “The Dance Of The Puppets” l’ultima sezione del brano che riprende il refrain dopo qualche secondo di silenzio: l’effetto è travolgente, tutti gli strumenti si uniscono per creare un amalgama sonoro wagneriano.
L’altra sorpresa della serata è la versione intensamente percussiva di “Discipline“, piuttosto differente e forse più energetica dalla già bella interpretazione del quartetto degli Ottanta. Dopo le potenti “One More Red Nightamare” e “Red” (ennesima versione più incalzante e più vicina all’originale, forse la migliore di quelle finora proposte da questa incarnazione cremisi), è la volta di una delle canzoni più commoventi e coinvolgenti dei King Crimson: “Islands“, con una splendida interpretazione vocale di Jakko accompagnato dal pianoforte di Stacey (eccellente anche come pianista) e dal flauto basso magistralmente suonato da Collins. Il brano è di un’intensità struggente e il crescendo finale è un inno alla musicalità, con Fripp che si unisce con l’armonium, campionato così perfettamente da far terminare il brano con il suono dello stacco del pedale.
L’ultima parte della prima metà del concerto è dedicata ai nuovi brani composti da questo fantastico ottetto suonati senza soluzione di continuità: “Radical Action (To Unseat The Hold Of Monkey Mind) I“, “Meltdown” e “Radical Action II” con la chiosa di una “Level Five” ormai ribattezzata definitivamente “Larks’ Tongues In Aspic, Part V“. L’effetto è terrificante: le due parti di “Radical Action” sono state profondamente modificate e implementate rispetto alle prime versioni di qualche anno fa con il risultato di tenere l’ascoltatore letteralmente incollato alla poltrona per effetto della potenza sprigionata. In questi tre nuovi brani non è difficile scorgere una summa delle migliori intuizioni ritmiche e armoniche sviluppate in album come RED, DISCIPLINE o THRAK.
La seconda parte del concerto – aperta come di consueto dai tre batteristi, questa volta alle prese con “Banshee Legs Bell Hassle” intitolata per l’occasione “Drumsons Turn On The World” – è dedicata interamente agli anni settanta. Subito dopo la potente e colorata “Cirkus”, con l’eccellente e veloce assolo in stile flamenco suonato da Jakko, brano che con le tre batterie assume una veste ancor più imponente è la volta di “The Battle Of Glass Tears” da LIZARD: ascoltare una delle più belle suite mai composte in quegli anni reinterpretata da questa line-up è un’esperienza di volta in volta sempre più coinvolgente e sorprendente. Il lirismo del “Bolero” – veemente l’improvvisazione jazzistica d’insieme e commovente l’assolo sostenuto e vibrato di Fripp che interpreta la parte che nell’album fu dell’oboe – passando dalle note misteriose e notturne di “Dawn Song” (sottolineate dall’intonazione bassa di un Jakko ormai interprete assolutamente straordinario delle parti vocali in ogni brano, compito tutt’altro che semplice), si sprigiona poi negli stacchi ossessivi e martellanti di “Last Skirmish” e si risolve nella marcia funebre di “Prince Rupert’s Lament“, dove lo straziante assolo di Fripp, sulla base di solo basso e timpani, risuona suggestivo e terribilmente iconico.
La commozione aumenta, se possibile, con la profetica “Epitaph“, straordinariamente interpretata da Jakko alla voce, e con Rieflin, Stacey e Fripp a sommergere con un’onda inesorabile di mellotron i versi finali “But I fear tomorrow I’ll be crying/Yes I fear tomorrow I’ll be crying”. Emozionante e catartica.
“Easy Money” è il brano che incorpora nella sua parte centrale l’improvvisazione forse più avventurosa della band: con alcuni versi nel testo modificati per esplicito volere di Fripp – perché non più risonanti con l’attualità dopo 46 anni – un’incedere ipnotico nell’oscurità sospeso in una realtà onirica, gridato da Jakko con tutto il fiato capace di esplodere dai propri polmoni. Un’energica e frizzante “Larks’ Tongues In Aspic, Part II” lascia il posto alla più bella canzone di tutti i tempi, quella “Starless” che non solo ha significato la fine dei King Crimson nel 1974, ma la fine di un’era nel rock: con le intense e suggestive luci cremisi a illuminare la band e tutto il palco, il brano – ogni volta eseguito come se fosse nuovo di zecca – chiude questo eccellente concerto. Ma non è finita, c’è ancora spazio per il bis, che come spesso accade è l’inno immortale della band: “21st Century Schizoid Man” con gli assoli simultanei di Jakko e Fripp, quello di Collins che a un certo punto cita Coltrane e infine quello dello straordinario Gavin Harrison.
Alla fine, Tony Levin prende tra le mani la sua macchina fotografica, seguito da Robert Fripp, e quindi da molti nel pubblico.


Questa incarnazione dei King Crimson è in continua evoluzione: chi ha avuto l’opportunità di ascoltarla dal vivo se ne può rendere conto con maggiore immediatezza. La band ha raggiunto un ulteriore livello di coesione, di unità e di maturità espressiva poco dopo le cinque date in Messico, ottimamente documentate dall’ultimo MELTDOWN. E tutto fa pensare che tutte le potenzialità di questo organico non siano ancora state completamente espresse.
Il King Crimson European Fall Tour 2018 – UK and Europe proseguirà dal 6 novembre toccando Birmingham, Notthingham, Manchester, Liverpool, Glasgow, Edinburgh e Parigi per poi riprendere in Giappone il 27 novembre a Tokyo. Qui tutti i dettagli del tour e le prevendite dei biglietti.