Alessandro Pagani, nato a Firenze nel 1964, è scrittore, musicista e impiegato presso la Asl Fiorentina. IO MI LIBRO (96, Rue De La Fontaine, 2018) è la sua seconda pubblicazione dopo “Perché non cento?” (Alter Ego/Augh, Viterbo, 2016), e il libretto autoprodotto del 2015 “Le Domande Improponibili”. Uno degli aforismi di IO MI LIBRO apparirà anche sull’agenda Comix 2019.
Pagani ha cercato di cogliere gli aspetti più imbarazzanti e comici che possono nascere durante i nostri piccoli e grandi avvenimenti quotidiani, nel corso del lavoro, nel tempo libero, e più in generale durante ogni situazione paradossale che ognuno di noi, spesso a propria insaputa, si può trovare improvvisamente ad affrontare: momenti generati dal ‘teatro dell’assurdo’ o da presunte coincidenze derivate dall’ambiguità d’una parola, o dal fraintendimento di una frase.
IO MI LIBRO deve essere letto con attenzione: molte delle cinquecento frasi sottendono un sottile senso dell’humour che non può essere colto con una lettura superficiale, altre sono costruite su giochi di parole che bisogna saper interpretare.
Incuriositi e interessati dal libro, MP News ne ha parlato con l’autore.
– Un amore sconfinato per la parola e la sua infinita declinazione che permette di leggerne più sensi e significati: dietro il tuo umorismo, raffinato e ironico, si cela una profonda passione per il linguaggio.
Amo l’enigmistica in quanto capacità di scoprire parole e significati nuovi, di fatto ogni vocabolo per me, quando possibile, si presta a possibili incroci, scambi di lettera, doppi sensi, sciarade ed anagrammi, in un gioco che ho sempre trovo affascinante, ovvero creare pensieri umoristici tramite arzigogoli letterari alludendo ad enigmi e a paradossi che spesso fanno parte delle nostre consuetudini. Non per niente il ménage giornaliero che ci riguarda offre spesso commedie immaginarie/reali dagli aspetti talvolta tragicomici e grotteschi, dentro i quali ogni parola può diventare pretesto per una situazione comica o quantomeno bizzarra.
– Dunque, siamo come parliamo e come scriviamo?
Senza dubbio, a meno di sdoppiamenti d’identità o ambiguità d’intenti. Nella concezione della comunicazione personale verso gli altri e nella consapevolezza dei nostri limiti culturali, l’esperienza la fa da padrone: ognuno è il frutto di ciò che ha visto, studiato, letto, provato e immaginato durante la propria vita, con il risultato indissolubilmente legato all’uso delle parole che abbiamo usato di frequente e alle sue molteplici espressioni. Dunque il lessico che ci ha riguardato durante il passato e che ci concerne nel presente, oltre condizionare continuamente i nostri comportamenti evolutivi, è un veicolo formativo dagli aspetti infiniti.
– Il gioco di parole fin dal titolo: libro come sostantivo e come voce del verbo librarsi, come da definizione del vocabolario Treccani: “Mantenersi sospeso in aria, in equilibrio”
Mi piaceva l’idea di rappresentarmi sospeso in aria per osservare ciò che succede sotto, come uno spettatore neutrale che prima guarda attentamente e poi inizia ad elaborare pensieri, spogliato da ogni pregiudizio. Librare però significa anche giudicare, valutare, ed è quello che ho fatto nelle frasi, senza peccare di snobismo o eccessiva analisi, esaminando ciò che mi circonda e valutando i pro e i contro d’ogni circostanza, tutto da una prospettiva diversa.
– e infatti Breve racconto onirico, il racconto che chiude il libro, parla dell’esperienza durante il sogno di librarsi in aria…
Il sogno dell’uomo di volare attraverso ali proprie non si è mai realizzato, se non nel sogno.
Le uniche concessioni che nella vita reale sono impensabili da realizzare, sono possibili nei sogni, dove invece tutto è permesso. Come per esempio arrivare a volare assieme al gabbiano Jonathan Livingstone, un emblema di autodeterminazione, forza di volontà e desiderio di libertà, che ad un certo punto del racconto fa la sua apparizione surreale al mio fianco.
– PsicanALIzziamo l’autore: cosa si cela dietro la tua ricerca all’interno della parola? Nel volume il termine ALI viene sempre evidenziato in maiuscolo, in ogni parola: perché desideri così tanto volare? È il bisogno di librarsi al di sopra della quotidianità per osservarla con maggior distacco?
Giocare con le parole è un mezzo che può svelare un mondo parallelo interessante, per comprendere meglio i nostri comportamenti e rivelare prospettive di pensiero inaspettate.
In questo contesto, la parte ludica ha un aspetto fondamentale, che nel mio caso richiama il gioco enigmistico e l’accezione umoristica di ogni termine mai fine a se stessa. Nel libro la ricerca della parola è finalizzata ad una chiave comica, ma non per questo meno profonda: ogni astrazione può avere un significato ambivalente, sta a noi decifrarne i contenuti e i propositi. La parola ALI è invece un’intuizione nata per caso, che celebra alla fine del libro il senso di libertà che da sempre contraddistingue l’animo umano. In realtà non mi sono mai sentito distante dalla realtà, non sarebbero state così possibili le analisi – sebbene grottesche – sui tanti temi trattati nelle 500 frasi. Piuttosto mi affascina l’idea di vedere le cose da un’altra angolazione, che è quella dell’autoironia e del saper prendersi gioco di se stessi: anche questo è un modo per cercare di risolvere i problemi e gli affanni del nostro vivere, e guardare il futuro in maniera diversa.