Una piccola donna, delicata, sensibile, che riempie il palcoscenico con i suoi ricordi. E da corpo, anima e voce, al mito della Grande Madre, capace di un Amore infinito, di sacrificare la sua vita per il bambino che ha cresciuto. L’emozione, sulla scena,è tutta per lei, Gulia Lazzarini, nei panni di Emilia, una tata che incontra il suo bambino diventato uomo.
Ne racconta i disagi, le solitudini, la vita in una famiglia dove non c’era spazio per lui. Con la sua voce sommessa, racconta le difficoltà di Walter, un bambino che non è stato accolto, ma anche lei, Emilia, non è stata amata e ha un figlio che non la ama. Sembra perdersi in un mondo dove le famiglie felici non esistono piu e gli amori sono sempre piu “liquidi”, inconsistenti, perversi, attraversati da violenze improvvise e inquietanti. Ma lei sa ascoltare, accogliere, prendersi cura di tutto e tutti. Tranne che di se stessa. Una piccola donna,in grado di ascoltare i dolori, gli odi, le difficoltà di crescere, come le grandi donne del passato.
«Emilia nasce il giorno del quarantesimo compleanno di mio fratello: ero andato a prendere in macchina la donna che per tutta la nostra infanzia era stata la mia tata – racconta il regista Claudio Tolcachir – Non la vedevo da anni. In quel viaggio ha tirato fuori molte storie, aneddoti, memorie e ricordi che mi parlavano di un amore intatto. Immenso, incondizionato. Sembrava che ai suoi occhi tutte quelle cose fossero successe pochi giorni prima. Iniziai a pensare a quanto certe relazioni siano sbilanciate; a cosa succede a tutte quelle persone che dedicano la loro vita a prendersi cura di una famiglia nel momento in cui non c’è più bisogno di loro; a cosa resta nelle loro vite; a quale sia la responsabilità nei loro confronti. Emilia parla di loro, dello “staccamento” tra persone che a volte cerchiamo di placare con uno smalto di solidarietà superficiale. Ecco, il personaggio di Emilia ha bisogno di prendersi cura degli altri. È ciò che la mantiene in vita».
Il testo ha il pregio di fare luce, oltre le apparenze, in una famiglia che ha appena traslocato, mostrando rancori, patologie, dolori e incapacità di vivere. Se c’e un vuoto nello spettacolo, è proprio in quello che c’é attorno ad Emilia. Ma il testo evidentemente punta proprio su di lei, e soffre di momenti in cui la tensione emotiva si allenta, in piccoli interventi, a volte slegati dal contesto, degli altri personaggi. La scelta piu forte sarebbe stata quella di mettere in scena un dialogo affettuoso e continuo solo tra un uomo e la sua tata. Loro due, con i loro ricordi, le loro vite. E invece gli altri personaggi, di cui sappiamo poco, non trovano un loro spazio sul palcoscenico: Carolina, la moglie di Walter, è una donna strana, un po’ squilibrata, Leo, un figlio inquieto e disadattato, e Gabriel, il suo vero padre, irrompe sulla scena, scatenando emozioni incontenibili.
Alla tata Emilia si presenta un uomo che soffoca la donna che vuole lasciarlo e che gli chiede di aiutarlo, rinunciando alla sua libertà. Forse non è chiaro che è avvenuto un femminicidio e l’uomo che l’ha commesso non pagherà, ancora una volta. Tolcachir mette in scena l’ennesimo “amore criminale”, quell’ossimoro che riempie le cronache quotidiane della nostra vita. Un gruppo di famiglia in un interno, dunque, imprigionato in uno spazio scenico ingombro di coperte e scatole di un trasloco in cui nulla è più come prima.Dietro apparenze rassicuranti, una casa nuova, una vita come quella degli altri, ricompaiono non solo i fantasmi dell’infanzia inquieta di Walter ma anche rancori, passioni che esplodono ancora una volta, violentemente, mentre una donna dice “no” e vuole andare via.
Quanto ancora gli uomini si nasconderanno e troveranno rifugio, reale e simbolico, in una grande Madre che tutto perdona, che da la sua vita perchè il suo “bambino” non continui a soffrire? E se il Teatro è lo specchio della nostra Società, speriamo che arrivino in scena nuove storie in cui le madri non scelgano di annullarsi per proteggere figli che non vogliono crescere e accettare i No che sempre più spesso arrivano dalle donne.