Non è un film sull’inarrestabile fortuna della catena di Mc Donald’s, realizzata da un vero genio del Male. O almeno, non solo. E’ una storia esemplare di come si possa arrivare al Potere di un grande Impero economico partendo dal nulla. Non è “il Sogno americano”che si realizza, ma la storia del grande degrado morale del nostro Presente.
The founder, di John Lee Hancock, interpretato dal grande Michael Keaton, racconta la scalata irresistibile di un piccolo rappresentante che coglie al volo un’occasione, ne fa un business, entrando “come un lupo” nella famiglia Mc Donald’s. I due fratelli si lasciano sedurre dalle sue proposte di franchising, pensando di essere tutelati da un buon contratto scritto dai loro avvocati.
Ray gioca abilmente e senza scrupoli con il successo, la fama, la ricchezza, fino all’inevitabile scacco al re, l’uscita di scena dei due fratelli Mc Donald’s, che sono stati espropriati non solo dei loro negozi, ma dei loro valori e standard di qualità.
Un film da vedere, che ci racconta la storia dell’Impero degli hamburger formato famiglia ma anche le regole di un Sistema fondato non solo su “Volere è Potere” ma soprattutto su “Homo homini lupus”.
Chi cerca il successo, negli affari, nella Politica, nelle Istituzioni, deve essere in grado di lasciare ogni remora di tipo etico, deve vendere l’anima al dio denaro, senza voltarsi indietro. Ray Kroc, venditore di frullatori per i luoghi di ristorazione ,non si limita ad avviare un franchising, a partire dall’attività dei fratelli Mac e Dick McDonald, a San Bernardino, in California. Si impadronisce della loro idea e del loro progetto, violando i diritti e le leggi. Si prende anche la moglie di un altro, abbandonando la donna che aveva condiviso e accettato i suoi fallimenti. La butta via come un’auto usata.
No, non era questo “il Sogno americano”, la possibilità di dare spazio al merito e alla creatività per farsi strada. Non è vero che chiunque può farcela ed arrivare in alto, se non è in grado di passare sui diritti e i sentimenti degli altri senza il minimo problema. A meno che non si voglia puntare a un cambio reale, non solo dei meccanismi sociali ma anche e soprattutto dei valori condivisi.