IUC – Il Belcea Quartet omaggia Schubert e Šostakovič

La stagione della IUC non si smentisce mai e conferma, concerto dopo concerto, l’alta qualità della sua offerta nel panorama musicale romano. L’Istituzione continua nel proporre al suo fedele ed affezionato pubblico momenti di pura estasi con intepreta di altissimo livello. Ne è un chiaro esempio lo straordinaria serata che ha visto protagonista il Belcea Quartet. Composto dai violinisti  Corina Belcea e Axel Schacher, dal violista polacco Krzysztof Chorzelski e dal violoncellista Antoine Lederlin, l’ensemble è un perfetto connubio di diverse esperienze che sfocia in una indiscutibile raffinatezza espressiva e in una omogeneità espressiva.

Già ospite dell’Aula Magna dell’Università della Sapienza di Roma nel gennaio 2003, il Belcea Quartet  ha proposto questa volta un programma incentrato su Schubert e Šostakovič.

Nella prima parte, i quattro hanno eseguito il mai tanto celebrato Quartetto n. 13 in do minore D. 703 di Franz Schubert. Scritto nel dicembre 1820, l’opera, conosciuta come “Qaurtettsatz”, è una delle incompiute del compositore austriaco, pur essendone una produzione dell’età matura. Al primo movimento, Allegro assai, connotato da un intimo lirismo, segue un abbozzato Andante di densa drammaticità.

Il Belcea si esalta nella successiva esecuzione del Quartetto n. 8 in do minore op. 110 di Dmitrij Šostakovič. Vero e proprio pezzo forte della serata, l’opera è stata composta dal compositore russo con dedica specifica “alle vittime del fascismo e della guerra” e con l’ambizione di contrastare “l’oblio cui sono destinati tutti colori che non sono più presenti”. Eseguita, per stessa volontà dell’autore, ai suoi funerali nel 1975, il quartetto si caratterizza per il celebre “motivo DSCH” (re, mi bemolle, do, si).

La seconda parte della serata ha visto l’esecuzione di un’altra pagina romantica di Schubert, ovvero dell’ultimo dei quartetti schubertiani, il Quartetto in sol maggiore D. 887. Composto nel giugno 1826, l’opera è di grande dimensione. I quattro movimenti hanno una durata complessiva paragonabile a quella di una sinfonia. Il linguaggio, qui, rasenta l’orchestralità. Lo strumento principe dell’opera diventa il violoncello e, proprio per questa insolita caratteristica, l’atmosfera è piuttosto drammatica. All’Allegro molto moderato iniziale, di cupa sospensione, segue l’illusoria quiete dell’Andante un poco mosso. Il tutto si conclude con la macabra tarantella dell’Allegro Assai finale.

Richiamato a gran voce dal pubblico in visibilio, il Belcea Quartet ha deliziato i presenti con un bis tratto da un quartetto dell’amato Šostakovič.

Particolarità da sottolineare, in conclusione, è l’uso, da parte del Belcea, di un iPad come spartito musicale e di un pedale per andare avanti o indietro nelle pagine. Il risultato, tecnologia a parte, rimane straordinario.

 

Martedì 15 novembre 2016

Belcea Quartet