Chi pensa che questa ottava incarnazione dei King Crimson sia più o meno una tribute band di quella originale è completamente fuori strada, esattamente come chi ritiene che questa nuova formazione con tre batteristi piazzati in prima linea stia soltanto celebrando il passato, cercando di stupire con qualche artificio di maniera.
No, i King Crimson del 2015 – che si apprestano a tornare in tour a settembre 2016 – non solo sono una band originale e dal cuore pulsante, ma soprattutto riportano in vita materiale mai più eseguito in concerto fin dal 1969 – classici senza tempo come “Epitaph” e “The Court Of The Crimson King”, che si confermano capolavori assoluti anche dopo 47 anni.
I King Crimson sono convenzionalmente associati alla nascita del Progressive Rock, che hanno certamente contribuito a fondare e definire per poi abbandonare non appena pervaso da cliché e manierismi barocchi. Eppure fin dal 1969 – anno della pubblicazione del primo, straordinario capolavoro In The Court Of The Crimson King – alcuni tratti distintivi delle loro composizioni mostravano profondità, prospettive e tinte sconosciute alla maggior parte dei gruppi prog (e non) contemporanei. Assoluta padronanza tecnica degli strumenti, grande originalità compositiva lontana dagli stereotipi del blues, e soprattutto un’energia sconosciuta alle altre band durante le esibizioni sul palco. Le persone che andavano ad ascoltarli tornavano a casa con un diverso stato di consapevolezza. È quel che succede esattamente oggi, 47 anni dopo, assistendo a una loro performance.
Dei Crimson del 1969 rimane oggi solo uno dei membri fondatori, Robert Fripp, chitarrista idiosincratico e intellettuale, il più lungimirante e consapevole del potenziale (creativo, artistico e commerciale) della band fin dagli inizi, che a sorpresa – dopo l’annuncio di essersi ritirato dalle scene nel 2012 ha riformato la band nel 2014. Per testimoniare la forza e la qualità della nuova incarnazione dei King Crimson, lo scorso anno era stato pubblicato Live at the Orpheum, cd con soli sette brani accuratamente mixati e corretti da parte di Jakko Jackszyk – attuale secondo chitarrista e cantante del gruppo. Live in Toronto, invece, viene dato alle stampe in versione doppio cd senza alcuna modifica: da un lato come anticipazione di una pubblicazione ben più ampia che seguirà in autunno, dall’altro come una sorta di scudo per contrastare la gran quantità di registrazioni non autorizzate che circolano da mesi in rete – di qualità audio inferiore.
La setlist della serata al Queen Elizabeth Theatre del 20 novembre 2015 è tra le più belle e complete dell’intero repertorio suonato dalla band negli ultimi due anni in tour: mancano soltanto “One More Red Nightmare”, “The Talking Drum”, “Larks’ Tongues In Aspic: Part Two”, oltre alle cover di “A Scarcity Of Miracles” e “The Light Of Day” del progetto Cremisi Fripp/Collins/Jacszyk, brani alternati nelle varie serate per diversificare esibizioni di due o tre date nello stesso teatro.
Sebbene tra i fan sia tuttora discussa la necessità dei tre batteristi (Pat Mastelotto a sinistra rispetto agli ascoltatori, Bill Rieflin al centro – suona anche le tastiere – e Gavin Harrison a destra) insolitamente situati nella front line, con Robert Fripp, Jakko Jakszyk, Tony Levin al basso e allo stick e Mel Collins ai sax e al flauto su un piano rialzato allo loro spalle, l’ascolto attento – e possibilmente con le cuffie o comunque con un buon impianto hi fi – rivela un cesello di sonorità sorprendenti. Non in tutti i brani i tre batteristi sono realmente così distintivi come in altri (vedi “Red” che sembra addirittura appesantita dalla nuova scansione ritmica iniziale) – dove invece risultano ampiamente innovativi e molto interessanti per l’abilità e la naturalezza nella circolazione delle diverse parti. Tra l’altro, va citato il potente assolo di Harrison nella parte centrale di “Schizoid Man”. Ma al di là della questione batteristi, quel che impressiona è la coesione dei musicisti come se si trattasse di un unico organismo: nessuno risalta in modo particolare, tutti risaltano in modo particolare. Chi scrive ha avuto modo di assistere al concerto della band il 21 settembre 2015 all’Olympia di Parigi e ha potuto sperimentare l’impatto estetico della band dal vivo. Una macchina pressoché perfetta, professionisti impeccabili che entrano nella parte non appena salgono sul palco, sprigionando performance potenti con una naturalezza impressionante.
Quel che a volte sembra mancare è l’aspetto maggiormente comunicativo, il cosiddetto feeling: in passato Fripp o il front man/cantante di turno intrattenevano il pubblico presentando i brani o anche scherzando con i presenti, ora ogni dialogo è evitato, se si esclude la voce registrata a inizio di ogni concerto con la richiesta di non scattare foto o di non registrare l’evento, per poter essere presenti nel momento e avere un’esperienza non mediata da nessuna tecnologia. La questione del rapporto vampiresco tra pubblico e performer ha assunto per Fripp una rilevanza sempre maggiore nel corso degli anni, fino al punto che se qualcuno tra gli astanti persiste nello scattare foto, Fripp abbandona la scena sentendosi “schiaffeggiato in volto e accoltellato nel cuore troppe volte” per poter continuare a suonare onorevolmente. Questa è la sua sensibilità e non si comprende per quale motivo non debba essere rispettata.

Live in Toronto, come spiegano le abbondanti note di copertina a cura di David Singleton della DGM e di Declan Colgan, presidente della Panegyric (la casa discografica che ha pubblicato e continua a pubblicare l’intero catalogo dei King Crimson remixato da Steven Wilson o Jakko Jakszyk) è una di quelle serate in cui il rapporto tra il pubblico e i musicisti sul palco ha raggiunto un tale grado di unione da permettere alla musica di manifestarsi nel migliore dei modi. L’ascolto del materiale lo conferma: “Larks’ Tongues In Aspic: Part One” in apertura ha un impatto devastante, suonata con una tale energia e perfezione che neanche la band del 1972 riusciva a esprimere on stage. Fripp è in gran forma, ma deve delegare a Jakszyk – che per essere un autodidatta se la cava egregiamente – la parte centrale di chitarra composta molti anni prima di adottare la New Standard Tuning. La presenza di Mel Collins, membro della band dal 1970 al 1971, infonde ancora maggior fascino al brano, originariamente composto con un violinista nel gruppo: il suo assolo di flauto, con le brevi citazioni di “Oh, Canada” e de “La Marseillaise” per l’occasione, lo rendono ancor più intrigante. “Pictures Of A City”, l’unico pezzo tratto da In The Wake Of Poseidon del 1970 rivela l’appropriata scelta di Jakko come cantante in grado interpretare il materiale più antico cantato da voci uniche e potenti come quella di Greg Lake o Boz Burrell. C’è spazio anche per le nuove composizioni: la cerebrale “Radical Action (To Unseat the Hold of Monkey Mind)”e “Meltdown”, con un intreccio di chitarre in stile Crimson anni Ottanta. Il sax di Collins, ineccepibile e inconfondibile in “The Letters”, “Sailor’s Tale” (da Islands, 1971), non sembra valorizzare invece brani come “VROOOM” o “Level Five”, mentre impreziosisce ulteriormente una fantastica interpretazione di “Easy Money” e fa splendere oltre ogni immaginazione “Starless”, con la struggente chitarra di Fripp in apertura. Collins si conferma con uno splendido assolo di flauto in “The Court Of The Crimson King” e con un rabbioso e lungo assolo di sax nella potente “21st Century Schizoid Man” il vero e proprio inno dei King Crimson che chiude superbamente uno show davvero impeccabile.
King Crimson
Live in Toronto: Queen Elizabeth Theatre, November 20, 2015
Panegyric
Track Listing
CD1: Threshold Soundscape; Larks’ Tongues in Aspic: Part One; Pictures of a City; VROOOM; Radical Action (To Unseat the Hold of Monkey Mind); Meltdown; The Hell Hounds of Krim; The ConstruKction of Light; Red; Epitaph
CD2: Banshee Legs Bell Hassle; Easy Money; Level Five; The Letters; Sailor’s Tale; Starless; The Court of the Crimson King; 21st Century Schizoid Man.
Personnel
Pat Mastelotto: drums
Bill Rieflin: drums, keyboards
Gavin Harrison: drums
Robert Fripp: guitar, keyboards
Jakko Jakszyk: guitar, voice
Tony Levin: basses, stick
Mel Collins: saxophones, flute