Donne forti, pronte a sfidare i pregiudizi, a lasciare le loro case per andare al lavoro. Maestre che ascoltano le idee della Montessori e si mobilitano per il diritto al voto. Succede nell’Italia degli inizi del Novecento e il fermento di queste idee attraversa l’ultimo romanzo di Maria Teresa Cutrufelli, Il giudice delle donne, pubblicato da Frassinelli.
E’ da poco uscito nelle sale “Suffragette”, il film che da un volto a chi ha lottato, in Inghilterra, per il suffragio universale. E questo romanzo ci racconta la vita, i sogni, le speranze di dieci maestre coraggiose che, in un piccolo paese della Marche, portano avanti la stessa lotta, seguendo un’idea di libertà e uguaglianza.
L’Autrice da vita a personaggi molto ben delineati e ne racconta la storia, le emozioni, i dubbi, in una “cronaca” molto accurata di quell’epoca storica. Sembra proprio di essere lì, in quelle strade, ad affrontare lo sguardo di uomini sospettosi e ostili. Il parroco ricorda, dal pulpito, che “Le donne oneste non si sporcano con la politica”. Non mancano le insinuazioni di donne che non capiscono “le maestrine”e rispettano le regole, nella certezza che ”Una signorina deve pensare alla reputazione”.
Una buona donna sa stare al suo posto e non invade i territori riservati al sesso maschile. Non scende in piazza e non affronta aule di giustizia, dove solo gli uomini sembrano poter avere la parola. Ma succede anche che delle donne si innamorino di un’idea più grande di libertà e osino denunciare la profonda ingiustizia di una legge che le esclude dal voto, equiparandole a “analfabeti, ai pazzi, ai detenuti in espiazione di pena e agli imprenditori che hanno subito una procedura di fallimento”. Uniscono la loro protesta a quella di centinaia di comitati per il suffragio che sorgono sul territorio nazionale.
Ma Il giudice delle donne, sostenuto da un minuzioso lavoro di documentazione, non ci racconta solo la lotta di un piccolo gruppo di maestre, circondate da diffidenza e a volte da disprezzo. Nei vari capitoli , ognuno con il nome di un personaggio, scorrono sentimenti, parole non dette, amori ed amicizie.
Impossibile non amare la “maestrina”, Alessandra, che difende la sua scuola e i diritti delle tante donne che, in quel periodo, insegnavano l’alfabeto in paesini sperduti. Sarà lei ad ascoltare Teresa, una bambina che non parla, ma che vive sentimenti a volte forti ed inconfessabili.
L’Autrice, molto attenta alle emozioni e alla psicologia dei personaggi, riesce a raccontare i fermenti e le contraddizioni di un’epoca in cui era davvero insolito che una donna cercasse un lavoro e una sua autonomia “No, non mi servono protettori, né adesso, né in futuro, qualunque cosa accada- dice Alessandra – Mi servono, piuttosto, dei soldi miei, perché ho ben presente la vita della mamma, sempre appesa alle decisioni di un uomo che oltretutto non c’è mai”.
Oltre a figure femminili forti e ansiose di nuove prospettive, Maria Rosa Cutrufelli, da vita a due personaggi maschili che saranno importanti nella lotta per il diritto al voto. Innanzitutto Lodovico Mortara, il “giudice delle donne” che concede alle maestre l’iscrizione alle liste elettorali, suscitando poi reazioni ostili e sentenze che cercheranno di fermare un progresso inevitabile.
E poi Adelmo che inizia a fare il giornalista e si appassiona alle lotte delle maestre e in particolare alla forza della sua “maestrina”, Alessandra., a cui assicura “una presenza discreta e rassicurante”. Un uomo che scopre un sentimento profondo e delicato e darà una svolta alla sua crescita professionale, nella convinzione che “il suffragio universale è una questione all’orizzonte degli Stati moderni”.